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  • MUSA Dune Bianche Malvasia Moscato 2020 - vino naturale in Basilicata

    di Giampiero Pulcini link al post Luminoso, profumatissimo. Sventagliata gialloverde di buccia di limone grattugiata, chiaroscurata di mentolo, sedano e incenso: uno sgargiare controvento che amplifica la finezza anziché deprimerla. L’estroversione incita il sorso e questo l’annusare, in un irresistibile flusso circolare. Bocca reattiva, felicemente tesa tra maturità di polpa e durezza di trama; l’aromaticità si assottiglia su toni amari d’arancio e di erbe, congedandosi con una soavità nobile, seria. Basilicata, Val d’Agri, tra Sant’Arcangelo e Aliano. Due piccole vigne recuperate da vecchi contadini, ricche di argille, a cavallo di colline erose da calanchi biancheggianti. La prima piantata a Malvasia Bianca di Basilicata e vendemmiata a piena maturità, macerata sulle bucce per due settimane ed elevata in barrique esausta; la seconda ospitante un Moscato localmente detto Fior d’Arancio, tradizionalmente destinato ai passiti e qui invece colto in leggero anticipo, vinificato a grappolo intero con affinamento in acciaio. Nessuna filtrazione, un solo travaso prima dell’assemblaggio, zero solforosa aggiunta. Terza bottiglia in un mese, una migliore dell’altra. Prodotte in quantità aneddotica e figlie di un esperimento focalizzatosi in corso d’opera, vanno intese come un segnale, la fiammella di un’avventura che dal prossimo giro di giostra sarà pronta per esordire davvero. Giampiero Diruggiero è un ragazzone sveglio di trent’anni che pare un vichingo; ha solide competenze enologiche mescolate a un amore lucido per la sua terra. Una nuova testa convergente con altre – ciascuna per sé - nel puntellare la ricerca di un senso contemporaneo del concetto di vino naturale, perennemente a rischio di dilaniarsi tra la superficialità del famolo-strano e la retorica del c’era-una-volta.

  • LUNATICO Dune Bianche Sangiovese e Aglianico 2020 - Vino naturale in Basilicata

    di Giampiero Pulcini link al post Non assomiglia a nulla pur non avendo nulla di strano. Intensità di resina e boero, fiori e smalto ad alleggerire. La sfericità di bocca ratifica l’idea cremosa baluginata al naso, riverberandone il chiarore nella scabra mediterraneità in cui convergono l’austerità del mirto e la parte amara dell’oliva; il vigore finale puntella la spigliatezza d’ingresso. Singolare assemblaggio paritario di aglianico e sangiovese, colto in lieve anticipo il primo e a pimento, solfiti non aggiunti. Da vecchie vigne promiscue su calanchi argillosi nel ventre della Basilicata, in quella Val d’Agri che i vini di Giampiero Diruggiero fanno venir voglia di visitare. Non avendo mai assaggiato altro della zona, ignoro quanto questo vino possa essere considerato tipico rispetto a essa. La questione non rileva: se la territorialità è un dato oggettivo legato all’origine geografica delle uve e alla localizzazione della cantina, classicità e tradizione sono invece concetti mobili, positivi, dialettici. Di fronte all’accuratezza formale – sorprendente, considerati mezzi e protocollo – di un liquido che comunque libera tale spontaneità espressiva io bevo, sorrido e ribevo. Brindando alla perspicacia del nome, allusivo alla morfologia della valle e omaggio a Rocco Petrone, figlio di emigrati di Sasso di Castalda e direttore alla NASA del Programma Apollo che nel 1969 inaugurò la presenza umana sulla Lunaena maturità il secondo. Fermentazione a grappolo intero senza controllo di temperatura, macerazione di due settimane e affinamento di dieci mesi in barrique esauste; nessuna filtrazione, un solo travaso prima dell’imbottigliamento, solfiti non aggiunti. Da vecchie vigne promiscue su calanchi argillosi nel ventre della Basilicata, in quella Val d’Agri che i vini di Giampiero Diruggiero fanno venir voglia di visitare. Non avendo mai assaggiato altro della zona, ignoro quanto questo vino possa essere considerato tipico rispetto a essa. La questione non rileva: se la territorialità è un dato oggettivo legato all’origine geografica delle uve e alla localizzazione della cantina, classicità e tradizione sono invece concetti mobili, positivi, dialettici. Di fronte all’accuratezza formale – sorprendente, considerati mezzi e protocollo – di un liquido che comunque libera tale spontaneità espressiva io bevo, sorrido e ribevo. Brindando alla perspicacia del nome, allusivo alla morfologia della valle e omaggio a Rocco Petrone, figlio di emigrati di Sasso di Castalda e direttore alla NASA del Programma Apollo che nel 1969 inaugurò la presenza umana sulla Luna

  • IVIS Due Dune by Dune Bianche Pinot Grigio 2022 - vino naturale in Umbria

    di Giampiero Pulcini Link al post Il vino friulano più buono che abbia mai assaggiato l’ha fatto Giampiero Diruggiero - lucano di Sant’Arcangelo - in Umbria, da una vigna di neanche un ettaro piantata a pinot grigio quindici anni fa a Cannara, frazione Santa Croce, destinata ad alimentare il tutto-sbagliato delle cantine sociali di queste parti. Come se un valdostano si mettesse a produrre in Toscana la migliore pastiera napoletana in circolazione; stravagante ma tant’è. Fermentazione spontanea a temperatura libera, venti giorni di macerazione con le bucce, affinamento in barrique esauste per dieci mesi, nessuna filtrazione, un po’ di bâtonnage, solfiti aggiunti nulli. Stranissimo e familiare al tempo stesso: fragole selvatiche, pan di spezie, torba, curcuma, cognac, zuppa inglese. Sorso agile e denso, di aristocratica compostezza, capace di arrivare ovunque con un accenno di gesto. Abbinamenti gastronomici illimitati; a enfatizzarne l’anima da melting pot l’ho sovrapposto al pastrami con effetti psichedelici. Quinta o sesta bottiglia assaggiata delle settecentoquarantaquattro prodotte e coup de cœur assoluto, dall’inizio, e ancora. Encore.

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