di Giampiero Pulcini
Non assomiglia a nulla pur non avendo nulla di strano. Intensità di resina e boero, fiori e smalto ad alleggerire. La sfericità di bocca ratifica l’idea cremosa baluginata al naso, riverberandone il chiarore nella scabra mediterraneità in cui convergono l’austerità del mirto e la parte amara dell’oliva; il vigore finale puntella la spigliatezza d’ingresso.
Singolare assemblaggio paritario di aglianico e sangiovese, colto in lieve anticipo il primo e a pimento, solfiti non aggiunti.
Da vecchie vigne promiscue su calanchi argillosi nel ventre della Basilicata, in quella Val d’Agri che i vini di Giampiero Diruggiero fanno venir voglia di visitare.
Non avendo mai assaggiato altro della zona, ignoro quanto questo vino possa essere considerato tipico rispetto a essa. La questione non rileva: se la territorialità è un dato oggettivo legato all’origine geografica delle uve e alla localizzazione della cantina, classicità e tradizione sono invece concetti mobili, positivi, dialettici.
Di fronte all’accuratezza formale – sorprendente, considerati mezzi e protocollo – di un liquido che comunque libera tale spontaneità espressiva io bevo, sorrido e ribevo. Brindando alla perspicacia del nome, allusivo alla morfologia della valle e omaggio a Rocco Petrone, figlio di emigrati di Sasso di Castalda e direttore alla NASA del Programma Apollo che nel 1969 inaugurò la presenza umana sulla Lunaena maturità il secondo.
Fermentazione a grappolo intero senza controllo di temperatura, macerazione di due settimane e affinamento di dieci mesi in barrique esauste; nessuna filtrazione, un solo travaso prima dell’imbottigliamento, solfiti non aggiunti.
Da vecchie vigne promiscue su calanchi argillosi nel ventre della Basilicata, in quella Val d’Agri che i vini di Giampiero Diruggiero fanno venir voglia di visitare.
Non avendo mai assaggiato altro della zona, ignoro quanto questo vino possa essere considerato tipico rispetto a essa. La questione non rileva: se la territorialità è un dato oggettivo legato all’origine geografica delle uve e alla localizzazione della cantina, classicità e tradizione sono invece concetti mobili, positivi, dialettici.
Di fronte all’accuratezza formale – sorprendente, considerati mezzi e protocollo – di un liquido che comunque libera tale spontaneità espressiva io bevo, sorrido e ribevo. Brindando alla perspicacia del nome, allusivo alla morfologia della valle e omaggio a Rocco Petrone, figlio di emigrati di Sasso di Castalda e direttore alla NASA del Programma Apollo che nel 1969 inaugurò la presenza umana sulla Luna
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